Conosciuto Maurizio Boscheri all’apertura del suo atelier a Rovereto e rimasta stregata dall’energia dei suoi dipinti, appena arrivai a casa scrissi la poesia “C’era una volta, il mondo incantato di Maurizio Boscheri“.
Quando gliela consegnai iniziammo a parlare di viaggi, foreste, animali. Entrammo subito in sintonia. Lui appassionato del sud est asiatico, io del continente africano. Entrambi disposti a camminare per ore nella foresta per scoprirne gli odori, i colori, i segreti. Le domande incalzavano nella mia mente una dietro l’altra e sembravano non avere mai fine. “Che ne dici se scrivo la tua storia?“, gli chiesi a bruciapelo durante un attimo di silenzio. Ne parlò con il suo manager. “Ne saremmo felici”, risposero. Decidemmo per una biografia romanzata: avrei potuto aggiungere alcuni elementi di fantasia, pur mantenendo il rigore e la cronologia della vita reale di Boscheri.
Così mi preparai al primo appuntamento, munita di registratore, quaderno, matita e macchina fotografica.
Lo trovai accucciato sul pavimento intento a ritoccare la coda del suo pavone. “Mai usato il cavalletto”, rispose, sornione, come fosse la cosa più naturale del mondo. Il mio stupore si leggeva sul mio viso e non dissi nulla. Lo guardai lavorare, mischiare i colori, incollare swarovski. Dopo un po’ spostò la tela sul tavolo dove stavano altri pennelli, colori e sacchetti di perline colorate. “Vengono dal Pakistan”, disse mettendo in ordine quei sacchetti colorati. I suoi occhi luccicavano di gioia. “Siamo appena tornati”, continuò. Smise di dipingere e si sedette sulla sedia proprio di fronte a me. Leggevo la sua emozione sulla pelle, nei movimenti veloci delle mani, in quel suo sguardo quasi di bambino. Gli era piaciuto tutto del Pakistan, la popolazione, le collaborazioni con gli artisti locali, il progetto in cui era stato coinvolto finalizzato alla salvaguardia delle specie animali più a rischio. Il suo entusiasmo divenne il mio e lo appuntai sul mio quaderno. Più di un anno dopo, mentre scrivevo di Maurizio che, insieme ad altri importanti artisti pakistani, dipingeva un gigantesco murale nell’aeroporto di Jinnah a Karachi in Pakistan, mi ricordai di quell’emozione e la adagia nella storia.
“(…) Iniziai dalla punta del muso e non mi fermai finché non ebbi finito. Insieme a me, Pool Ge e gli artisti della VASL, dipingevano la bellezza del loro paese. Mi sentii parte di quell’orchestra che, armoniosamente e unitariamente, creava quel dipinto sotto la direzione della Natura. (…) Ogni pennellata diventava colore, ogni colore, occhi, rocce, piume o ali.”
murale all’aeroporto di Jinnah, Karachi, Pakistan
Guardando quel pavone ci si aspetta che faccia la ruota. Lui in questi dipinti mette tutta la sua sensibilità. Npn conoscendolo mi da l’impressione che nella sua arte metta tutto quello che a parole non si può esprimere…
Vero, perché le parole di Boscheri, sono i suoi pennelli, i suoi colori, le sue tele.